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Non sappiamo se in futuro diventeranno giornalisti; per ora si limitano a esserlo, giornalisti. E scrivono su una testata ideata e gestita, oltreché vissuta, proprio per pubblicare i loro articoli. Diffondono notizie su immigrazione e accoglienza, razzismo ed emarginazione, ma con una sostanziale differenza: scrivono su se stessi, sulla loro condizione, sulle loro difficoltà e speranze. È un giornalismo in linea diretta, soggettivamente mirato e non mediato da valutazioni, interpretazioni, pregiudizi altrui. Migranti e figli di migranti che finalmente si esprimono liberamente, evitando che altri sguardi giudichino, altre voci raccontino, spesso devianti, se non malevole. Da oggetti dell'informazione a soggetti della comunicazione. Sono i ragazzi e le ragazze del Black Post. Vivono in Italia, italiani tra italiani, ma soprattutto cittadini di un mondo che cambia tanto velocemente quanto inevitabilmente. In questo libro raccontano le loro storie, la loro vita. E così, improvvisamente, non fanno più parte di un'anonima schiera, sovente maltrattata, ma si trasformano in persone. Persone come Nazlican, Dao, Sofonias, Marcela, Soumaila, Roseloic, Kante, Abdelfetah, Deniz, ecc. ecc.